lunedì 26 marzo 2012

GIROVAGANDO PER L’ITALIA E PER L’EUROPA



Viaggiare è un po’ come un sogno di cui conserviamo sempre la memoria al nostro ritorno-risveglio, diceva Edgar Allan Poe. Viaggiare è come leggere le molteplici pagine del libro-mondo senza fermarsi solo alla prima, diceva tanti secoli prima Sant’Agostino. Potremmo continuare ancora a lungo. Sognare, scoprire, conoscere, osservare… quanti verbi che si possono associare al viaggio!! C’è forse qualcosa di più appassionante? Decisamente in occasione della mia tanto agognata laurea non potevo non concedermi come premio un piccolo viaggio. Piccolo? Beh, in effetti sognando sognando il piccolo viaggio è diventato un grande viaggio, con più mete, quasi infinito. Come in fondo è l’essenza stessa del viaggio e del viaggiatore: un viaggio continuo di meta in meta senza fine, non importa se in aereo o in treno o a piedi o con la fantasia. La bellezza di questo mio viaggio è stata proprio quella di volare da un luogo all’altro scoprendone in ognuno i suoi colori, i suoi sapori, le sue peculiarità. Passare dalla maestosità imperiale di Vienna al fascino dell’eternità classico-barocca di Roma, dalla dinamicità di Milano al canto rinascimentale di Firenze all’imprevedibile e pittoresca (oltre che poco pubblicizzata) Bratislava. Scivolare dalla precisione e dal silenzio della realtà austriaca alla semplice vivacità di Bratislava al magnifico ed artistico caos tipicamente italiano dove tutto, anche un motorino scassato ed arrugginito appoggiato malamente accanto ad un muro malconcio, diventa arte. Il tutto… camminando, camminando, camminando! Già, perché come può qualcosa definirsi viaggio se non passeggi (o comunque ti sposti) infinitamente? Passare tutto il tempo fermi crogiolandosi al sole e bevendo di tanto in tanto un drink è rilassante, divertente, piacevole ma non è certo il viaggiare. Viaggiare è passeggiare, osservare, assaporare, ascoltare, toccare: non importa se in strada, se nelle sale di un museo, se nella tua fantasia. Depositando qualcosa del posto dentro di noi.
Era la prima volta a Vienna e a Bratislava. Vienna è una realtà agli antipodi di quella italiana ed in particolare di quella meridionale: regnano l’ordine, la precisione, la calma. Forse a tratti troppo e ti manca un po’ di calore. Dominano maestosi palazzi generalmente di tonalità chiare ed incantevoli parchi che trasmettono un senso di grandezza e fanno sentire un po’ tutti novelli principi e principesse; sfiorando però a tratti quel pizzico di monotonia che deve aver travagliato non poco i veri principi facendo desiderare loro un’evasione nella semplicità e nella irregolarità. A spezzare, comunque, questa bianca perfezione imperiale irrompono monumenti dalle linee più gotiche e imprevedibili come il bel duomo di Santo Stefano, lo splendido Rathaus, la pittoresca chiesa di San Francesco nei pressi del Danubio. Ovunque, poi, si è immersi nel silenzio: ascoltare un clacson è raro e persino al mercato non manca un’insolita compostezza.
Bratislava è una scoperta lenta, graduale ma anche per questo ancora più affascinante ed indimenticabile. Dopo un iniziale senso di spaesamento se ne scopre facilmente la sua bellezza semplice e vivace: vivibilissima, piacevole, dominata dal suo immenso castello, colorata da amene vie e piazze, costellata di curiose e buffe statue.
Milano non ho potuto gustarla a lungo questa volta. Ma il poco tempo a disposizione è stato sufficiente per scoprirne meglio il fascino serale: giochi di luci esaltano le sue vie ed i suoi monumenti e te ne senti innamorato.
Firenze e Roma: così diverse, eppure così simili. In entrambe abbondano scenari e panorami delicati e particolareggiati tanto da sembrare dipinti: il gruppetto di case che contorna l’Arno vicino  ponte Vecchio, le dolci colline appena fuori le mura fiorentine, le barocche piazze romane, la zona dei fori gremita di pezzi di arte e di storia e con il Colosseo sullo sfondo. E tanti, tanti altri punti. Si ha la continua sensazione di essere immersi nella storia, in un quadro, nell’arte. La fantasia si esalta volando indietro nel tempo o ammirando le potenzialità creative dell’uomo. Un viaggio nel viaggio. Ed il viaggiare che diventa metafora di una vera vita, aperta, volta ad andare oltre convenzioni e stereotipi, pronta a scoprire, immedesimarsi, ridurre le distanze. Volta a ricordare il passato, assaporare il presente, guardare il futuro. Sempre in attesa della prossima destinazione.

lunedì 12 marzo 2012

Wisława Szymborska: La gioia di scrivere. Quando la vita è magia.


Questa mattina ho acquistato in libreria “La gioia di scrivere”, una raccolta (edita da Adelphi) di tutte le poesie composte dalla poetessa polacca Wisława Szymborska, recentemente scomparsa e premio Nobel nel 1996. In quanti la conoscono? Penso pochi. Ed anche io, pur suo grande ammiratore, ho letto solo alcune delle sue composizioni; anche se ciò è stato sufficiente a farmi innamorare della sua poesia. Curioso: leggi mille poesie di un autore e non nasce nulla nel tuo cuore; ne leggi poche di un altro e senti di amarlo da sempre. Un po’ come a volte è più indimenticabile il bacio d’un fugace incontro che una storia di anni. Al di là di questo, comunque, ho voluto prendere questo libro per conoscere meglio ogni poesia della Szymborska. Una poesia, la sua, densa di leggerezza, ironia, stupore; ricca d’insolite metafore e di vita; attenta ai particolari e volta a far emergere lo straordinario che c’è nell’ordinario. Una poesia che ci spinge a guardare l’oltre per scardinare luoghi comuni e convenzioni, meglio comprendere il senso dell’esistenza, scoprire la ricchezza del mondo, scovare il fiore nascosto tra le erbacce. Tra tutte le poesie inserite in questa raccolta voglio riportare quella che da sempre più mi ha colpito, “Amore a prima vista”:

Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
E' bella una tale certezza
ma l'incertezza è più bella.

Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno "scusi" nella ressa?
un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso stava giocando con loro.

Non ancora pronto del tutto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando una risata
con un salto si scansava.

Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volò via
da una spalla a un'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, forse già la palla
tra i cespugli dell'infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.

Che magia! L'amore si svincola da banali luoghi comuni e rigide definizioni e diventa imprevedibilità: quell'imprevedibilità ed incertezza che sono più belle della certezza e che paradossalmente diventano strumento d'eternità. In fondo non è l'instabile incertezza a spingerci ad abbracciarci piuttosto che la comoda certezza? Piccoli particolari densi di significato, come la fogliolina che vola da una spalla all'altra dei due ignari amanti, riempiono l'amore e lo rendono vero. Sogno e realtà, inizio e seguito si fondono. Ecco la gioia di scrivere! Che diventa gioia di leggere, che si propone come gioia di vivere. Nonostante tutto. Cercando lo straordinario che c'è nell'ordinario, il fiore che si nasconde tra le erbacce.

lunedì 5 marzo 2012

Vita nuova, nuovo blog


Qualche giorno fa è sbocciato, improvviso ed inaspettato, il primo fiore dell’anno tra le piante di casa: un narciso timido ed un po’ impaurito (contrariamente alla sua fama da vanesio) ma anche dall’aspetto speranzoso e sognatore. Che sapore di primavera! Beh, del resto ormai non mancano molti giorni al suo inizio e, si sa, qui al sud gli inverni non durano a lungo. La primavera è la stagione che ho sempre amato di più: un po’ per il suo richiamare l’ideale della virtù che sta nel mezzo per il suo essere né fredda come gli inverni, né soffocantemente afosa come le estati; un po’ per il suo colorare il mondo di fiori d’ogni tipo e colore riaccendendo in noi il desiderio di sognare. E mai come quest’anno la primavera sarà per me piena di speranze e progetti, visto che segue la mia tanto (troppo? :-D) agognata laurea di febbraio. Inizia una nuova vita e mi sento come questo narciso nato tra le piante di casa: timido, un po’ impaurito ma pieno di speranze e sogni. E perché non iniziare questa nuova vita con un nuovo blog? Un nuovo blog che sia come un viaggio, come una continua scoperta; ed è per questo che ho voluto scegliere come sfondo l’abbozzo di carte geografiche che richiamano avventurosi viaggi e come foto principale un’immagine della mia amata Firenze. Ed un nuovo blog che sia come un tentativo di andare oltre il primo sguardo perché, come insegna Wislawa Szymborska (una delle poetesse a mio avviso più affascinanti di sempre), non c’è nulla di ordinario nell’ordinario. Ed in fondo cercare lo straordinario nell’ordinario è uno dei poteri più magici delle parole e della poesia…